Monferrato, un territorio che è diversi territori, una storia che condensa tante storie, una leggenda che racchiude mille leggende. Un’emozione che promette molteplici emozioni da scoprire, vivere, condividere. Un territorio che è leggenda a partire dal nome che si presta a mille sfumature di ricerca, interpretazione, racconto. Monferrato, Munfrà in piemontese (solo sulle diverse sfumature nella pronuncia tra un campanile e l’altro ci sarebbe materia per scrivere più di un saggio),Mons ferratus in latino. Anche la leggendaria etimologia del nome, con le sue tante varianti, meriterebbe spazio. Nei secoli ne hanno scritto autori illustri.
Qui ci limitiamo all’immagine forte e romantica della fantastica cavalcata di Aleramo sposo di Adelasia, genero ritrovato e perdonato di Ottone I di Sassonia, attraverso le terre comprese tra la costa ligure di Ponente e il Po.
Tre giorni e tre notti di folle corsa, racconta il Carducci riferendosi come fonte ai versi trecenteschi di Jacopo d’Acqui, attraverso i territori che l’imperatore gli aveva assegnato, con un cavallo “ferrato” utilizzando per battere i chiodi un mattone: in dialetto, “mun” “fra”, mattone ferrato.
Ma le varianti sono molteplici e tutte curiose. E poi, oltre la leggenda c’è la storia.
Perché Aleramo è esistito davvero, come attesta, tra l’altro, un diploma del 967 con cui Ottone I lo nominò Marchese dei tre Comitati di Monferrato, Acqui e Savona. Anche qui vale la pena approfondire: tra storia, leggenda, letteratura, il Monferrato ha molto da raccontare.
Diciamo che è, per ragioni di sintesi, un’area storico-geografica del Piemonte, prevalentemente collinare collocata tra Tanaro e Po, tra collina torinese e Appennino ligure, compresa, quasi interamente, dal punto di vista amministrativo, nelle attuali province di Alessandria e Asti.
Confusione e difficoltà che non sono ovviate dall’uso di espressioni correnti come “alto” “basso” e “ medio” Monferrato oppure dalle menzioni occasionali di un Monferrato “torinese”, “astigiano” “ligure”, “casalese” e “quasi lombardo” le quali se rispondono a effettive tendenze di gravitazione economico-commerciale o alle caratteristiche storico-ambientali di certe aree, non fanno in realtà che accrescere gli equivoci”.
Monferrato, grazie anche al riconoscimento da parte dell’Unesco (Doha, 22 giugno 2014) attribuito ai “Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato” iscritti nella Lista del Patrimonio dell’Umanità, sta vivendo una stagione nuova e diversa.
La consapevolezza delle proprie risorse naturali, artistiche, storiche, del proprio patrimonio culturale, sia materiale che immateriale in un contesto ancora poco definito dal punto di vista dell’immagine, ma che certamente ha conservato caratteristiche di originalità, equilibrio e biodiversità tutte da scoprire e da imparare ad apprezzare.
L’Unesco con il riconoscimento ai suoi Paesaggi Vitivinicoli ha acceso un faro potentissimo. Ma non bisogna dimenticare che ben prima del 2014 un altro prezioso lembo di questa terra era stato iscritto nell’esclusiva Lista del Patrimonio dell’Umanità: il Sacro Monte del Santuario di Crea, nell’ambito del sito seriale dei Sacri Monti di Piemonte e Lombardia (Parigi, 3 luglio 2003).
Quindi, un territorio che vanta un nome che è leggenda e suggestione, che è storia di Marchesati, liberi Comuni e Signorie e Ducati, dalle Crociate all’Unità d’Italia, che è arte, letteratura, musica, teatro. Che è due volte Patrimonio dell’Umanità. Monferrato, una terra senza confini.
Da scoprire e da vivere. Da raccontare.