Ci sono mille e mille traiettorie, parabole, suoni, grida di gioia, urla di esultanza degne di una qualsiasi curva Sud che si fondono e scindono ripetutamente come in un caleidoscopio di colori e sonorità nell’immaginario popolare condiviso delle plaghe attraversate del nostro vagare alla ricerca di ciò che accomuna luoghi contigui, così vicini e lontani nel tempo e nello spazio.

Sono le voci che salgono da piazze assolate dove risuonano i colpi secchi della palla ricacciata con forza da un tamburello o di un pallone che si smorza contro un muraglione. O i suoni secchi e metallici di una bocciata che risolve la partita all’ombra di tigli centenari su campi da gioco che restano parte di piazza o viale e rifiutano la definizione di impianto sportivo, in Monferrato come in Langa, nell’Appennino ligure-piemontese come nell’entroterra ligure o della Costa Azzurra.

Sono i suoni e i segni, le immagini che affiorano alla mente e accomunano di una umanità simile, non giovanissima, che ritrovi ancora nei paesi più appartati come nelle periferie e perfino in luoghi celebrati, da Breme o Sartirana Lomellina a Vignale Monferrato, da Portacomaro o Montechiaro ad Alba, da Cortemilia a Pieve di Teco, da Imperia a St.Paul de Vence, da Haute de Cagnes a Castellinaldo.

Sono le piazze e i bastioni del tamburello e della pallapugno, un tempo detta pallone elastico, che rimandano alla memoria delle indimenticabili gesta dei mitici eroi del pallone, sono i viali delle partite a bocce pomeridiane o delle sfide a petanque, sono i vicoli o le stradine selciate delle improbabili e pittoresche partite a bocce quadre, tanto care a Gian Paolo Ormezzano, cantore appassionato di tanti sport.

Giochi e sport popolari che appassionano ancora schiere di praticanti e aggregano un loro pubblico fedele facendo vivere piazze, a volte intere borgate spopolate, che almeno d’estate tornano a comunicare un senso di quiete e al tempo stesso di gioia per la vita semplice e in armonia con i tempi della terra. Il gioco e certi sport di antica origine popolare come componente di uno stile di vita appartato, per decenni quasi negato, che torna a farsi comprendere e a comunicare emozioni a chi vuole entrare in sintonia con paesi e persone che incontra nel suo vagare per luoghi che hanno tanto da raccontare a chi sa guardare ed ascoltare.

Giochi e sport popolari nel cui Olimpo della memoria sono rari i nomi da titolo a tutta pagina. Non ne mancano alcuni che hanno conquistato addirittura le pagine non solo delle cronache sportive, ma addirittura della Letteratura, con la L maiuscola.

Il primo a rendere immortali i campioni del pallone, quando il calcio non era neppure nato, fu il mitico Edmondo De Amicis, nativo di Imperia, nell’estremo Ponente ligure, ma torinese di adozione. L’autore del famosissimo libro Cuore dedicò ai campioni del pallone a bracciale addirittura un intero libro, pubblicato a Torino nel 1893 rendendo mitici i campioni dell’Ottocento cui perfino il sommo Giacomo Leopardi dedicò un’ode: «a Carlo Didimi massimo campione della sua Recanati». L’altro grande consacrato dalla grande letteratura fu Augusto Manzo, albese, grazie a Cesare Pavese e Beppe Fenoglio, ma anche al dimenticato Giovanni Arpino.

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